Una serie di incontri inediti dedicati ai “Critofilm” di Carlo Ludovico Ragghianti. Il termine coniato da Ragghianti stesso, indica una particolare categoria di film/documentario che ha a tema l’analisi dettagliata e critica delle opere d’arte, proposta in veste “dinamica”, attraverso l’uso della cinepresa e del linguaggio cinematografico.
Il primo critofilm proposto è “Michelangiolo”, ultima produzione di Ragghianti. Il film, realizzato per volontà del senatore Giovanni Gronchi, Presidente del Comitato Onoranze Michelangiolesche, in collaborazione con Alberto Mortara e la Romor Film, fu l’occasione per celebrare il IV centenario della morte del sommo artista.
Michelangiolo, per il quale Ragghianti girò metri e metri di pellicola, fu presentato al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia il 3 settembre 1964 alla presenza di molte autorità. La produzione fu poi tradotta in diverse lingue e nei mesi successivi consegnata in un numero consistente al Ministero degli Esteri, affinchè ne inviasse copie alle Ambasciate, ai Consolati ed agli Istituti italiani di Cultura per la divulgazione. Fonte www.fondazioneragghianti.it
In sala sarà presente Alessandro Romanini, Presidente del Comitato scientifico della Fondazione.
INGRESSO GRATUITO
Seguirà l’appuntamento di mercoledì 18 dicembre 2019 alle 17:00 con la proiezione di:
- Comunità Millenarie
- Storia di una piazza (La Piazza del Duomo di Pisa)
- Lucca Città Comunale
Foto di backstage concessa da Fondazione Ragghianti
MICHELANGIOLO
REGIA: Carlo Ludovico Ragghianti
TESTO: Carlo Ludovico Ragghianti
MUSICA: Giuseppe De Luca
FOTOGRAFIA: Carlo Ventimiglia
ANNO: 1964
PRODUZIONE: Alberto Mortara per Romor Film, Milano
NOTE: Direttore di produzione Ugo De Lucia; Assistente per la ricerca Cesare Molinari; Disegni tecnici e fotomontaggi Paolo Donati; Operatore Leopoldo Piccinelli; Assistenti Enrico Umetelli e Giovanni Di Perna
FORMATO: 35mm, 16mm
LINGUA: italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo
DURATA: 78’
PELLICOLA: Colore
DESCRIZIONE: “Questo film è una lettura e un’analisi critica del linguaggio artistico di Michelangiolo compiuta col linguaggio visivo del cinema”. Con questa premessa ha inizio l’ultimo e più complesso dei critofilm, attraverso il quale, grazie anche all’ampiezza dei mezzi tecnici, Ragghianti ha potuto realizzare più compiutamente il suo progetto di lettura critica di un’opera attraverso il mezzo cinematografico. Cesare Molinari, che collaborò alla realizzazione di questo film, così racconta: “Prima e durante la lavorazione del film Ragghianti passò ore a girare attorno alla statue e alle pitture del Buonarroti, a svicerarle a cercarne tutti i punti di vista, per comprenderne la validità di ciascuno; così sono nate quelle angolazioni “impossibili” (ma ben vere per l’artista durante il suo lavoro) che approfondiscono e completano la conoscenza dell’opera. E poi l’analisi si spingeva a percorrere con un fascio di luce una statua o un’architettura per coglierne eventuali tramutanze significative. Il film cioè è nato prima di tutto dalla “convivenza” con le opere d’arte. Ma in un secondo momento anche dalla solitaria meditazione e dal riepilogo riflessivo da cui deriva anche la straordinaria aderenza all’immagine di un testo che non la motiva (giacché il discorso filmico ha in se stesso la sua motivazione: e infatti il commento è stato scritto dopo ultimato il lavoro, come tutti i commenti dei critofilm), ma a volte la arricchisce con informazioni e accostamenti”(Un critofilm d’arte su Michelangiolo, in Critica d’arte, n. 65-66, 1964 p. 53-68). E’ soprattutto in questo film che Ragghianti riesce a far coincidere il processo di analisi dell’opera d’arte con quello della visione cinematografica. Riguardo a questo Molinari, dopo aver individuato all’interno del film cinque parti corrispondenti ad altrettanti periodi artistici di Michelangiolo, attribuisce ai diversi tipi di inquadrature e ritmi una funzione essenziale per la comprensione delle varie fasi artistiche dell’artista: “[…] è l’architettura del discorso cinematografico a dimostrare la necessità e l’idealità di tale ordinamento: dal trascorrere rapido e direi quasi nervoso delle prime opere (come a fissare i diversi punti di partenza e i diversi leit-motiv) al discorso ampio e spiegato sulla volta della Sistina, al lento distendersi del dramma sotterraneo delle tombe medicee fino al coro di ritornanti percorsi del Giudizio, che si placa nella drammatica sintesi finale, il ritmo del film, che ha anche un suo autonomo valore linguistico, diventa esso stesso storia e esegesi critica”(Ibidem). Determinante per la riuscita del film fu l’apporto del direttore della fotografia Carlo Ventimiglia, già collaboratore di Ragghianti a partire da Monete del tardo impero. Riguardo alle innovazioni tecniche usate è ancora Molinari che racconta: “Per le sculture spesso integrate con le architetture, la ripresa presentava problemi delicati. L’autore ha fatto costruire alcune macchine elettricamente comandate, per sommare ai movimenti traslatori del carrello e delle panoramiche anche altri movimenti curvi o diagonali a diverse distanze, ottenendo così un’estrema flessibilità della macchina da presa, assimilata il più possibile a quella dell’occhio critico che ricerca, trova e segue nello spazio i ritmi e le composizioni delle forme artistiche” (Ibidem).
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